Negli ultimi anni, la trasformazione digitale ha ridefinito profondamente il panorama industriale, introducendo nuovi modelli produttivi basati su automazione, analisi dei dati e integrazione uomo-macchina. Le tecnologie dell’Industria 4.0 e, più recentemente, quelle dell’Industry 5.0, hanno reso evidente come l’innovazione non sia soltanto una questione di strumenti, ma anche di competenze.

Tuttavia, molte aziende si trovano oggi a dover affrontare una sfida cruciale: la difficoltà nel reperire e formare figure professionali dotate di competenze digitali in grado di gestire processi intelligenti, dati complessi e sistemi automatizzati. Questo divario tra le competenze richieste e quelle effettivamente disponibili viene definito skill gap, una delle principali criticità nella transizione verso modelli produttivi più sostenibili e tecnologici avanzati. Per colmare questo divario è necessario un approccio strutturato e strategico: la Skill gap analysis. Si tratta di un processo che consente alle imprese di analizzare in modo sistematico le proprie capacità interne, individuare le competenze critiche mancanti e pianificare interventi mirati di formazione e aggiornamento.

In questo articolo approfondiremo che cos’è la Skill gap analysis, come applicarla efficacemente all’interno di un contesto industriale e quali sono le competenze chiave su cui le imprese dovrebbero investire per restare competitive nell’era della digitalizzazione.

 

Cos’è la Skill gap analysis?

L’analisi del divario di competenze nelle imprese è un processo strutturato che consente alle imprese di valutare in modo oggettivo le competenze interne e di confrontarle con quelle richieste per affrontare le sfide future del mercato. In altre parole, rappresenta una vera e propria mappatura del capitale umano aziendale, utile per comprendere se le risorse attuali possiedono le abilità necessarie per sostenere i nuovi obiettivi di crescita, innovazione e digitalizzazione. Attraverso un’attenta analisi delle competenze (assessment delle competenze), le organizzazioni possono individuare con precisione il divario tra ciò che serve e ciò che è disponibile, definendo strategie di sviluppo mirate. Questo processo si traduce in tre obiettivi principali:

  • mappare il capitale umano per ottenere una visione chiara delle competenze esistenti e del loro livello di maturità.
  • individuare le aree di miglioramento e le figure professionali che necessitano di aggiornamento o di nuove competenze digitali.
  • progettare percorsi di formazione, reskilling e upskilling finalizzati a colmare le lacune identificate e a rafforzare il know-how aziendale.

Nel contesto industriale, caratterizzato da un’evoluzione tecnologica rapida e continua, la Skill gap analysis diventa, dunque, uno strumento essenziale per garantire competitività, produttività e resilienza organizzativa. Le aziende che adottano un approccio sistematico a questo processo, non solo riducono il rischio di obsolescenza delle competenze, ma valorizzano anche il proprio capitale umano, trasformandolo in un vero vantaggio strategico.

 

Come si esegue una Skill gap analysis in azienda

Realizzare un’analisi dello skill gap efficace significa adottare un approccio sistematico e strutturato, capace di tradurre la mappatura delle competenze in un vero piano operativo di crescita per l’impresa. Il processo si articola in quattro fasi principali, che permettono di comprendere con precisione dove intervenire e come potenziare il capitale umano aziendale:

  1. Identificazione delle competenze chiave per la manifattura digitale: il primo passo consiste nel definire quali competenze strategiche risultano indispensabili per sostenere la trasformazione digitale dell’impresa. In ambito industriale, le aree più critiche comprendono l’automazione dei processi, la gestione e analisi dei dati, l’Intelligenza Artificiale, la Cybersecurity e la sostenibilità produttiva. Questa fase permette di delineare un modello di riferimento chiaro e allineato agli obiettivi di business e di innovazione tecnologica.
  2. Rilevazione delle competenze esistenti: successivamente, è necessario mappare il know-how attuale dei dipendenti, attraverso un processo di assessment delle skill che può includere strumenti digitali, questionari, interviste individuali, osservazioni dirette o piattaforme di autovalutazione. L’obiettivo è ottenere un quadro reale delle capacità presenti nei diversi reparti, misurando non solo le conoscenze tecniche ma anche le soft skill legate alla collaborazione, al problem solving e alla gestione del cambiamento.
  3. Analisi del gap: in questa fase, si procede con il confronto tra le abilità richieste e quelle effettivamente disponibili in azienda. Il risultato è una fotografia dettagliata dei divari di competenze, utile per capire dove concentrare gli interventi formativi. I gap più rilevanti vengono classificati per priorità e impatto operativo, così da pianificare le azioni correttive in modo mirato.
  4. Definizione del piano di sviluppo: l’ultima fase prevede la progettazione di un piano di formazione personalizzato, che può includere percorsi di aggiornamento tecnico, programmi di reskilling e upskilling, attività di mentoring o project work basati su casi aziendali reali. Questo approccio consente di consolidare le competenze e di favorire un apprendimento continuo, coerente con le esigenze evolutive dell’impresa.

 

Le competenze critiche da colmare nell’industria 5.0

Nel contesto dell’Industria 5.0, la trasformazione digitale e sostenibile delle imprese non può prescindere da una forza lavoro, capace di integrare abilità tecnologiche, green e trasversali. Non si tratta solo di conoscere le nuove tecnologie, ma di saperle applicare in modo intelligente, etico e collaborativo, in un ecosistema produttivo in cui persone e macchine lavorano in sinergia. Come evidenziato dal World Manufacturing Forum nel 2019, le competenze più richieste nell’industria digitale spaziano dalla digital literacy alla creatività, dalla flessibilità cognitiva alla fiducia nella tecnologia. Colmare questi gap non è solo una necessità formativa, ma una condizione imprescindibile per garantire la competitività e la resilienza delle imprese nel lungo periodo. 

Di seguito analizziamo nel dettaglio le principali tipologie di abilità da sviluppare per affrontare con successo questa evoluzione: digitali, green, trasversali e manageriali, tutte indispensabili per guidare l’innovazione e ridurre concretamente lo skill gap nel settore industriale.

Competenze digitali avanzate

Il punto di partenza è rappresentato dalle competenze digitali per la manifattura, indispensabili per governare l’innovazione tecnologica. Analisi dei dati, Intelligenza Artificiale, Machine Learning e Internet of Things industriale (IIoT) sono oggi al centro dei processi produttivi intelligenti. La capacità di raccogliere, interpretare e valorizzare i dati provenienti dai macchinari consente di ottimizzare la produzione, ridurre gli sprechi e migliorare la qualità dei prodotti. Secondo i principali osservatori europei, la domanda di professionisti con abilità in data analysis e tecnologie abilitanti crescerà in modo costante nei prossimi anni, evidenziando la necessità di un aggiornamento continuo.

Competenze green e sostenibilità dei processi
Accanto alla digitalizzazione, l’attenzione alla sostenibilità rappresenta un pilastro dell’industria del futuro. Le aziende sono sempre più chiamate a ridurre i consumi energetici e impatto ambientale, promuovendo modelli produttivi circolari e a basso contenuto di carbonio. Le competenze green (dalla gestione efficiente delle risorse alla progettazione sostenibile dei prodotti) diventano così elementi strategici per rispondere agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e alle richieste di un mercato sempre più attento alla responsabilità sociale d’impresa.

Abilità trasversali e collaborazione uomo-macchina
Nell’era della collaborazione tra persone e sistemi intelligenti, assumono un’importanza crescente le soft skill: pensiero critico, problem solving, adattabilità e comunicazione. La capacità di interagire con robot collaborativi (cobots) e piattaforme automatizzate richiede un approccio flessibile e creativo, in grado di risolvere problemi complessi e di valorizzare il contributo umano nelle fasi decisionali: è, dunque, proprio questa combinazione tra tecnologia e sensibilità umana a definire la cifra distintiva dell’Industria 5.0.

Competenze di leadership e gestione del cambiamento
La trasformazione digitale richiede, inoltre, una nuova forma di leadership, orientata all’innovazione tecnologica e alla crescita organizzativa. Le figure manageriali devono saper guidare team ibridi (composti da persone e macchine), promuovendo una cultura dell’apprendimento continuo e del miglioramento costante. Competenze come visione strategica, project management e gestione del cambiamento sono indispensabili per favorire la transizione verso modelli produttivi più agili, etici e sostenibili.

 

Come misurare l’impatto della Skill gap analysis

L’analisi del divario di competenze risulta davvero utile solo se produce risultati concreti: dopo aver individuato e colmato le lacune, è fondamentale misurare l’efficacia delle azioni intraprese per capire se gli interventi formativi hanno generato valore reale per l’azienda. Di seguito alcuni indicatori chiave per valutarne l’impatto:

  • Aumento della produttività: un miglior allineamento tra skill e ruoli consente ai team di lavorare in modo più efficiente, riducendo sprechi di tempo e risorse.
  • Riduzione degli errori o dei tempi di inattività: personale più preparato significa processi più fluidi, minori interruzioni e maggiore qualità del lavoro.
  • Maggiore coinvolgimento dei dipendenti: l’attenzione alla crescita professionale genera motivazione, senso di appartenenza e fiducia nel progetto aziendale.
  • ROI della formazione: misurare il ritorno sugli investimenti in formazione permette di capire se il miglioramento delle performance compensa i costi sostenuti, evidenziando l’impatto economico delle iniziative di sviluppo.

Monitorare questi indicatori consente alle imprese di valutare con precisione l’efficacia della Skill gap analysis e di orientare le future strategie di upskilling e reskilling in modo sempre più mirato e sostenibile.

Il ruolo di BI-REX nella riduzione dello skill gap

Colmare il divario di capacità professionali è una delle sfide più urgenti per le imprese che vogliono affrontare con successo la trasformazione digitale. Una volta misurati i risultati, diventa essenziale affidarsi a partner specializzati in formazione e innovazione come BI-REX. In questo contesto il Competence Center si pone come hub nazionale di innovazione a supporto del settore industriale, offrendo servizi e strumenti pensati per accompagnare le aziende nell’analisi, nello sviluppo e nella valorizzazione delle skill. Attraverso attività di assessment delle competenze, BI-REX aiuta le imprese a individuare i gap critici e a progettare strategie mirate di upskilling e reskilling (aggiornamento e acquisizione di abilità). I percorsi formativi e i master come TEKNÈ 5.0®, sono ideati e pensati per formare figure capaci di gestire tecnologie abilitanti e progetti di innovazione, integrando conoscenze tecniche e soft skill strategiche. Questo approccio unisce formazione, sperimentazione di test before invest e collaborazione con imprese e centri di ricerca, creando un ecosistema dove la conoscenza si traduce in soluzioni concrete per la competitività industriale.

Colmare oggi lo skill gap significa costruire l’industria di domani, più sostenibile, efficiente e orientata alle persone. Promuovere una cultura della formazione continua e dell’innovazione non è solo un investimento, ma una necessità per restare protagonisti nel futuro dell’industria digitale. Scopri i percorsi di BI-REX dedicati alla formazione e all’assessment delle competenze per la manifattura digitale: contattaci per una consulenza personalizzata.